L'immaginazione e la realtà sono due cose diverse, e fin qui ci siamo. E uno si può immaginare cose che non avverranno mai o che non esistono, ma anche cose che esistono veramente e che quindi esistono per te due volte: un'immaginazione e una realtà. Quando uno sente legge qualcosa o ne sente parlare, se lo immagina. E, quasi sempre, la realtà si rivela essere una gran fregatura rispetto all'immaginazione. Perché la realtà non la decidi tu. Secondo me quest'affare dell'immaginazione è una può funzionare anche con le persone: meno conosci una persona e più ti piace, perché meno la conosci e più te la immagini. Stavo pensando questo quando mi sono ricordato di un pezzo di Barnum, un libro di Baricco, e di un pezzo che avevo scritto un po' più di tre anni fa su un altro blog. Il pezzo di Baricco è questo
[..] Dal gran bailamme di conati creativi e acrobazie dell’immaginazione, mi son portato via l’impressione di una inspiegabile stanchezza collettiva, e le benigne ferite di due ricordi. Il primo lo devo a un ispano-americano che si chiama Andrès Serrano. Espone alle Corderie, sezione Aperto ’93, parcheggio per artisti che forse sranno famosi, forse no, a vedere quel che fanno si spererebbe di no. Serrano scatta foto negli obitori. Un allegrone. A Venezia ne ha esposte quattro. Una si intitola Jane Doe,uccisa da un poliziotto. Sarà due metri per due. A colori,fondo nero. Di Jane Doe c’è solo la testa. Di profilo adagiata su un tavolo che non si vede. Capelli biondi, ricci, impastati di sangue secco. Sopra l’orecchio si intravede una ferita. È bellissima, Jane Doe. La prima cosa che ti sorprende è quella: è bellissima. Lineamenti perfetti, anche se il collo è color bruno, con tutto quel sangue rinsecchito sulla pelle. Sembra scolpita in un legno scuro. Non c’è nessuna smorfia di dolore, inchiodata lì dal flash istantaneo della morte. Togli il sangue, e potrebbe essere la pubblicità di una crema idratante. Giureresti che è viva, coi suoi riccioli appena usciti dal parrucchiere. Poi ti accorgi degli occhi. Non ci sono. Un gioco di luce, o forse è la morte che si è già messa a scavare. Dove cerchi l’occhio vedi solo un buco ero. È già un teschio, lì, Jane Doe. Tutta quella vita e tutta quella morte,insieme, in una faccia sola,io non le avevo mai viste. È una cosa che ipnotizza. E rende insopportabile non sapere niente altro, come l’hanno uccisa, forse per sbaglio, cosa aveva fatto? anche lei ha sparato? e quando è successo, e dove. Chissà che storia, quella di Jane Doe [...]
Nel post avevo aggiunto che poi non avevo resistito e avevo cercato e trovato l'immagine di Jane Doe su internet. Che io me l'ero immaginata, ed ero soddisfatto, però volevo vedere com'era veramente. Fra le altre cose avevo anche scoperto che 'Jane Doe' è un nome che la polizia si è inventata per darlo alle persone che non sono identificate, e che negli USA dovrebbe suonare un po' come il nostro Mario Rossi, al femminile però.
Insomma l'immaginazione è una gran bella cosa, ma non può soddisfare come la realtà. Mi era venuta anche una considerazione più profonda, ma me la sono dimenticata, immaginatevela.
Ah, il veccio post finiva così: Click?