sabato 6 agosto 2011

Esaminato

A inizio luglio stavo preparando l'esame di filologia italiana. Fra le altre cose, in programma, c'era tutto l'inferno di Dante. L'unica persona con un po' di tempo e un bel po' di pazienza per ascoltarmi era mia madre. Lei tornava da lavoro nel pomeriggio e sapeva che verso le cinque mi sarei presentato da lei con il libro di Dante, o con lo schema dei canti. Il canto da analizzare lo sceglieva lei, o aprendo a caso l'inferno oppure, soprattutto dopo un po' di tempo dopo (quando il caso sceglieva sempre più spesso canti già letti), leggeva lo schema e con tono quasi pettegolo mi chiedeva di parlare di qualche tipo di peccatore in particolare. Quindi iniziavo a parafrasare e  spiegare e lei ascoltava volentieri, ponendo domande di tanto in tanto. A volte dovevo inseguirla con il libro nelle camere in cui andava, cercavo di intuire se mi stesse ascoltando mentre metteva a posto o cucinava; altre volte, ed ero molto più contento, si sedeva vicino a me e rispondeva al telefono solo per dire "ti richiamo dopo". Così dalle cinque alle sette, per due settimane, c'era la lectio dantis.
Una volta finito di parlare dell'inferno, sudato e appicicoso, andavo in terrazza a fumare. In condominio stavano facendo i lavori, quindi il suo perimetro era circondato di impalcature. C'erano impalcature anche su un lato,quello che sopra ha la soffitta, del mio terrazzo, e di mattina ci camminano gli operai, lasciando qua e là gli oggetti che hanno usato: una scala, una scopa, una bottiglia d'acqua... I vasi che stavano in terrazza ora sono tutti ammucchiati al centro, per lasciar libero il perimetro interno. Quindi, una volta finito di parlare di Dante, sudato e appiccicato, mi sedevo sul pavimento sporco del terrazzo, mi appoggiavo con la schiena sul muro senza intonaco e fumavo una sigaretta. Mia madre intanto aveva iniziato a fare le telefonate che aveva lasciato in sospeso e fra poco uscirà in terrazza, con le mani occupate da qualche oggetto, la spalla che spinge il telefono sull'orecchio, e mi lancerà un'occhiata allo stesso tempo bonaria e di rimprovero perché sto fumando. Certe mamme non accettano che i figli crescano. Io le risponderò "dopo Dante ci vuole". E in effetti, dopo aver parlato per due ore dell'inferno, ci vuole:
sono le sette di metà luglio, non fa troppo caldo o almeno, sudato come sono, quel poco vento che c'è riesce a rinfrescare e lo scenario di impalcature e di oggetti lasciati a riposare in attesa del giorno seguente è complice, e mi conforta. Mi chiedo come sarà quando avrò dato l'esame.
Poi è arrivato il 20 luglio e ho dato l'esame. Poi sono stato 10 giorni in viaggio, un po' in Croazia e un po' in Bosnia.
Ora sono tornato a casa. Mi siedo in terrazza a fumare. Hanno portato via gli oggetti e smontato le impalcature. I vasi sono ancora lì al centro senza più un motivo. Sembra il secondo tempo di un film che era finito già al primo. Senza attori e set, senza luci e suoni giusti. Immaginavo che dopo sarebbe stato così.
E io fumo a salve.

Una volta ho iniziato a spiegare il terzo canto a mia nonna: "allora ci sta Dante che sta per entrare nell'inferno, in cima alla porta ci stanno scritte parole poco rassicuranti infatti. Però c'è Virgilio che lo prende proprio per mano per farlo entrare". "Ma che è 'na barzelletta?" mi ha chiesto mia nonna.

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