Lo zero è senza dubbio il numero più bello. Qualsiasi studente di matematica ve lo può dimostrare: è sempre una grande gioia quando c'è uno zero. Ma non voglio parlare di matematica.
Come prima cosa va detto che lo zero è uno numero pari. Non so se lo sia davvero, non so se abbia senso parlare di pari o dispari con lo zero. Però, modestamente ho prodotto ben tre dimostrazioni della parità dello zero:
1.
Si prendano due persone: A e B. Si faccia passare per le loro mani una qualsiasi cosa in quantità zero, ad esempio zero libri. Si effettua una equa spartizione dei zero libri fra A e B. Entrambi rimarranno con una quantità uguali di libri: zero. Questo dimostra non solo che lo zero è un numero pari (se si divide in due si hanno due parti uguali) ma anche che è un numero strano (se si divide in due si ha la stessa quantità di prima)
2.
Si prendano due persone: A e B. Gli si facciano posare i zero libri di prima, anzi possono anche tenerli, tanto le mani rimarranno comunque libere (non è assurdo lo zero?). Li si faccia giocare a paro o disparo e si dica a entrambi di buttare zero. Chi aveva scelto paro vincerà.
3.
Contando si nota che la disposizione di numeri pari e dispari è alternata ( uno pari, uno dispari, uno pari, uno dispari ecc...) fino all'infinito. Uno è disparo: zero e due saranno pari.
Come si evince dalla prima dimostrazione lo zero è un numero speciale: potete dividere con tante persone quante volete qualsiasi cosa, e rimarrete tutti con la stessa quantità di prima! L'altruismo dello zero è sorprendente. Ma lo zero è un gran bel anche per un altro motivo: qualsiasi persona al mondo può avere qualsiasi cosa in quantità zero.
Io, ad esempio, avevo zero bellissimi elefanti africani, che vivono in camera mia. Ne andavo fiero, non sporcavano, non facevano rumore, e mia madre non si era accorta di niente. Ero fiero di loro; li facevo conoscere ad ogni mio amico che invitavo a casa mia.
- Vuoi vedere i miei elefanti africani?
- O mio dio, dove li tieni?
- In camera mia
- E quanti sono?
- Zero!
- Coglione
- Vuoi vederli?
- No.
- Beh, veramente ce li hai davanti tutti e zero.
Però, a lungo andare ho scoperto che questa cosa dello zero non è una gran cuccagna. Serve solo per robe mentali, tipo la matematica, o la scrittura.
L'ho scoperto quando ho invitato a casa una ragazza di cui ero innamorato. Ovviamente le ho chiesto se voleva vedere i miei zero elefanti africani. Ha risposto che ne sarebbe stata contentissima, li ha visti, e mi ha detto che avrebbe tanto voluto averne uno.
Posterulam era una piccola porta situata nella parte posteriore degli edifici, in un luogo nascosto. La postierla era quindi una porta segreta usata nei castelli e nelle fortezze come uscita di emergenza.
giovedì 27 ottobre 2011
Tutte le giornate, o quasi, finiscono nello stesso posto: a letto. E nello stesso modo, addormentandosi. A letto, un po' come quando ti lavi sotto la doccia o nella vasca, o fai la cacca sul cesso, ti metti a pensare: alla giornata passata, a quella futura, alla tua vita, all'esistenza in generale. Credo che la maggior parte delle intuizione più geniali siano avvenute su una tazza, sotta la doccia, o in un letto.
Toc Toc
- Occupato.
- Immanuel, passi le ore chiuso in bagno! Serve anche agli altri!
- Piantala con questi giudizi sintetici a posteriori: sto cacando.
__
- Oh!
- Eh..
- Guarda come dorme Isaac, sotto quell'albero.
- Tiragli qualcosa.
- Ho solo una mela.
- Vai!
___
- Archimede! Credo che la vasca sia piena.
- Per tutti i numi, fino all'orlo!
Splash
- Eureka!
___
Insomma ieri sono andato a dormire, come sempre. E riflettevo sul fatto che la terra prima o poi scomparirà, con tutto quello che c'è dentro: la divina commedia, il colosseo, le canzoni di Frank Zappa. Non esisterà più niente di tutto questo. è uno di quei pensieri che ti fanno sentire insignificante, come quando pensi alla divina commedia, al colosseo, o alle canzoni di Frank Zappa. Insomma, da non credere: noi stiamo qui a scapicollarci ogni giorno e poi non rimarrà nulla. Tutto risucchiato dal sole (nella migliore delle ipotesi). Certo, Shelley aveva accennato al problema con Ozymandias. Però insomma, lui (Ramses), non c'è più mentre noi siamo qui, viviamo ora e sostanzialmente ce ne freghiamo di chi c'era e di chi ci sarà. Però a un certo punto tutto finirà, si sgretoleranno miliardi di anni di vita e migliaia di anni di civiltà. La vita mi è sembrata essere piuttosto irrilevante, mentre ero lì nel mio comodo letto. Ma poi ho pensato che forse il pensiero che tutto prima o poi finirà non è nichilista come può sembrare appena formulato. Di fatti l'ho pensato poi. Altro che irrilevante, proprio perché finisce tutto ha più senso. Immaginate una partita di pallone che duri all'infinito. Che senso avrebbe fare gol ("siamo sul punteggio di 20498384 a 1909540, giunti ormai all'anno 2476, mese nono, giorno settimo, ora quarta, minuto quinto e secondo sesto. Manca un'infinità di tempo, più recupero, che prevedo sostanzioso"). Eh no, caro sublime matematico, stavolta non mi freghi. Tutto finirà, tutto ha più senso, anzi ha senso. Ora dormo, ché domani è un altro giorno, mi devo svegliare presto e ho un sacco di cose da fare.
Toc Toc
- Occupato.
- Immanuel, passi le ore chiuso in bagno! Serve anche agli altri!
- Piantala con questi giudizi sintetici a posteriori: sto cacando.
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- Oh!
- Eh..
- Guarda come dorme Isaac, sotto quell'albero.
- Tiragli qualcosa.
- Ho solo una mela.
- Vai!
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- Archimede! Credo che la vasca sia piena.
- Per tutti i numi, fino all'orlo!
Splash
- Eureka!
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Insomma ieri sono andato a dormire, come sempre. E riflettevo sul fatto che la terra prima o poi scomparirà, con tutto quello che c'è dentro: la divina commedia, il colosseo, le canzoni di Frank Zappa. Non esisterà più niente di tutto questo. è uno di quei pensieri che ti fanno sentire insignificante, come quando pensi alla divina commedia, al colosseo, o alle canzoni di Frank Zappa. Insomma, da non credere: noi stiamo qui a scapicollarci ogni giorno e poi non rimarrà nulla. Tutto risucchiato dal sole (nella migliore delle ipotesi). Certo, Shelley aveva accennato al problema con Ozymandias. Però insomma, lui (Ramses), non c'è più mentre noi siamo qui, viviamo ora e sostanzialmente ce ne freghiamo di chi c'era e di chi ci sarà. Però a un certo punto tutto finirà, si sgretoleranno miliardi di anni di vita e migliaia di anni di civiltà. La vita mi è sembrata essere piuttosto irrilevante, mentre ero lì nel mio comodo letto. Ma poi ho pensato che forse il pensiero che tutto prima o poi finirà non è nichilista come può sembrare appena formulato. Di fatti l'ho pensato poi. Altro che irrilevante, proprio perché finisce tutto ha più senso. Immaginate una partita di pallone che duri all'infinito. Che senso avrebbe fare gol ("siamo sul punteggio di 20498384 a 1909540, giunti ormai all'anno 2476, mese nono, giorno settimo, ora quarta, minuto quinto e secondo sesto. Manca un'infinità di tempo, più recupero, che prevedo sostanzioso"). Eh no, caro sublime matematico, stavolta non mi freghi. Tutto finirà, tutto ha più senso, anzi ha senso. Ora dormo, ché domani è un altro giorno, mi devo svegliare presto e ho un sacco di cose da fare.
giovedì 13 ottobre 2011
Come sempre
Stava fumando, come al solito a quell'ora, con le gambe dritte, la schiena incurvata e i gomiti poggiati sul muretto del terrazzo. Era da poco passata mezzanotte e il quartiere, con tutti quei palazzi che si vedevano da lì, dal quarto piano, sembrava addormentato già da un pezzo. Come al solito. Però pensava che era strano, che in genere anche a quell'ora si sentono molti rumori, la televisione a volume altissimo del dirimpettaio, per esempio, o la madre che urla al telefono contro il figlio che non vuole rientrare, e il signore di qualche pian terreno, con la sua risata obesa. Era strano che non ci fosse nulla a distrarlo, nemmeno il cane del vicino, che abbaia tutte le notti. Si sentiva solo, ogni tanto, il rumore in lontananza di qualche motorino, che passava per quella strada laggiù, e che si faceva via via più fioco, mano a mano che si il motorino si allontava. Così il silenzio si riposava sul quartiere come un enorme lenzuolo disteso che cade dall'alto, e tocca prima le cime dei palazzi più alti per poi adagiarsi su tutti gli altri, fino a coprire la strada.
Pensava che stava lì ogni sera, che fra un po' di tempo sarebbe stato freddo, a quell'ora, e altro che maglietta e pantaloncini. Pensava che era stupido ripetere ogni volta lo stesso gesto. Che proprio queste erano le cose che lo annoiavano, che per questo era insoddisfatto. Che odiava tutto ciò che si ripeteva o che durava troppo a lungo. Per questo aveva abbandonato romanzi ed era passato a libri di racconti, racconti brevi se possibile, era persino annoiato dalla sua immagine, e per questo aveva cercato di costruirsene un'altra. Per questo si buttava senza pensare nelle novità, logore già il giorno dopo. Per questo sentiva il bisogno di scrivere certe cose che appena leggibili lo avrebbero nauseato. Per questo avrebbe voluto viaggiare, pur sapendo che lo spostamento del corpo non avrebbe coinciso con quello della mente. Per questo aveva voluto conoscere quelle persone che lo attirivano così tanto, con cui ora non uscirebbe mai.
Ma quella notte era strano, era diverso. Poggiò le mani sul muretto, ritrovò la posizione eretta con fatica: gli facevano male i gomiti e la schiena. E cercò di capire come faceva, quella notte, ad essere così diversa, e così tranquilla.
Pensava che stava lì ogni sera, che fra un po' di tempo sarebbe stato freddo, a quell'ora, e altro che maglietta e pantaloncini. Pensava che era stupido ripetere ogni volta lo stesso gesto. Che proprio queste erano le cose che lo annoiavano, che per questo era insoddisfatto. Che odiava tutto ciò che si ripeteva o che durava troppo a lungo. Per questo aveva abbandonato romanzi ed era passato a libri di racconti, racconti brevi se possibile, era persino annoiato dalla sua immagine, e per questo aveva cercato di costruirsene un'altra. Per questo si buttava senza pensare nelle novità, logore già il giorno dopo. Per questo sentiva il bisogno di scrivere certe cose che appena leggibili lo avrebbero nauseato. Per questo avrebbe voluto viaggiare, pur sapendo che lo spostamento del corpo non avrebbe coinciso con quello della mente. Per questo aveva voluto conoscere quelle persone che lo attirivano così tanto, con cui ora non uscirebbe mai.
Ma quella notte era strano, era diverso. Poggiò le mani sul muretto, ritrovò la posizione eretta con fatica: gli facevano male i gomiti e la schiena. E cercò di capire come faceva, quella notte, ad essere così diversa, e così tranquilla.
martedì 11 ottobre 2011
livella
Sono cinque anni, forse un po' di più, che vado in quella piscina, da ottobre a giugno, almeno quattro giorni la settimana. Si può dire che conosca bene gli ambienti, il parcheggio, la segreteria all'ingresso, le due rampe di scale che portano al corridoio, le gigantografie di sportivi appese al muro e lo spogliatoio. Si può dire che li conosca bene, ma non è del tutto giusto. Quest'anno, in estate, hanno ristrutturato lo spogliatoio, che ha cambiato colore e struttura. Con ottobre è arrivato il primo allenamento. Ho parcheggiato, ho sceso le solite scale, ho percorso il solito corridoio, ho aperto la solita porta e sono rimasto fermo sull'uscio. Mi sono sentito disorientato. Non ero affezionato allo spogliatoio di prima, mi era del tutto indifferente, però c'ero abituato. Nonostante mi fosse del tutto indifferente e ci fossi abituato, me lo ricordo nei dettagli, ma solo perché lo vedevo molto spesso, perchè usavo quelle panche per poggiarci la borsa, i vestiti e per sedermi mentre infilavo i calzini. Possiamo non far caso ai dettagli, pur vivendoci a contatto. Mi spiego meglio: il pavimento dello spogliatoio aveva, subito prima di uscire dalla porta per andare in piscina, un dislivello. Fatto apposta, una piccola salita, alta una decina di centimetri e lunga neanche un passo, praticamente un piccolo scalino. Me ne sono accorto quest'anno, perchè quel dislivello non c'è più. Me ne sono accorto perchè in quel punto, inconsciamente, il mio piede di turno che si trova ad affrontare quei 30 centimetri ora in piano, si comporta come se lì ci fosse uno scalino, si aspetta di trovare il terreno dieci centimetri più in alto.
- fra' , ma c'è qualcosa di strano qua vero?
- sì, l'altr'anno c'era una salitina.
Mi ero abituato a quel dislivello tanto da superarlo inconsciamente, tanto da non rendermi più conto che c'era. In un'ipotetica descrizione dettagliata dello spogliatoio l'avrei sicuramente dimenticato, pur passandoci sopra così spesso. Paradossalmente, la sua assenza mi ha fatto ricordare di lui.
Più conosciamo i dettagli, di un oggetto o di una persona, più possiamo dire che è nostra.
- fra' , ma c'è qualcosa di strano qua vero?
- sì, l'altr'anno c'era una salitina.
Mi ero abituato a quel dislivello tanto da superarlo inconsciamente, tanto da non rendermi più conto che c'era. In un'ipotetica descrizione dettagliata dello spogliatoio l'avrei sicuramente dimenticato, pur passandoci sopra così spesso. Paradossalmente, la sua assenza mi ha fatto ricordare di lui.
Più conosciamo i dettagli, di un oggetto o di una persona, più possiamo dire che è nostra.
giovedì 6 ottobre 2011
La memoria poetica
Da quando ho letto l'insostenibile leggerezza dell'essere posso dare un nome a certi ricordi. Infatti Kundera parla di una memoria poetica, quella che registra ciò che ci affascina, che ci commuove, che rende bella la nostra vita. Vi racconto una storiella. Ero in un'altra università, altra rispetto a quella cui sono iscritto, a seguire un convegno che un professore ci aveva caldamente consigliato durante le sue lezioni. C'erano quindi molti miei compagni di corso, alcuni li conoscevo di persona ("eih, ciao come stai? visto che robba 'st'università? pare 'n'ospedale! poi boh, 'sto sole non scalda."), altri di vista- e li riconoscevo- ("ciao..."), altri non li ricordavo pur avendoli visti ("hai visto chi c'è?", "chi, quello?", "eh!", "beh chi è?", "dai, l'avrai visto un milione di volte."). Durante la pausa parlavo con una persona che conoscevo di vista, e che ricordavo. Ad esempio (uno dei tanti che potevo fare), e glielo ricordai, eravamo seduti vicini quando, l'anno prima, avevamo sostenuto insieme un esame scritto, e mi ricordavo anche che mi chiese la risposta di una domanda. Anzi, che io suggerii quella risposta a quella domanda. Non si ricordava di quell'esame, nè di me. Non pensai che la memoria poetica ricorda ciò che ci affascina, che ci commuove. Non pensai che raccontandoglielo mi stavo esponeno. Non avevo alcun motivo per ricordare quell'insignificante evento di così tanto tempo fa. Era normalissimo dimenticarsene e così era successo a lei.
-"oh mio dio, ma come fai a ricordarti queste cose?"
é la memoria poetica. Così avrei dovuto risponderle otto mesi fa.
-"oh mio dio, ma come fai a ricordarti queste cose?"
é la memoria poetica. Così avrei dovuto risponderle otto mesi fa.
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