1. Bisogna avere un lettore immaginario quando si scrive? Chi è il lettore immaginario che ho in mente quando scrivo? è uno e uno solo? è identificabile? sono io? mi scrivo addosso?
2. "A questa terza interpretazione non so se se m'arrischierò a farne seguire una quarta, che s'addirebbe assai bene alla modestia quasi divina di Menard: alla sua rassegnata o ironica abitudine di propagare delle idee che erano l'esatto rovescio di quelle preferite da lui". ( Finzioni di J.L.Borges). Modestia impedisce di trasandare in vanità ed orgoglio. E allora propagando idee contrarie a quelle preferite da lui, il modesto, non preferisce (non porta avanti, non mostra) una persona che non è lui? Non dice qualcosa che lui non direbbe? Non compie gesti che non lo rappresentano? Credo che nel modesto questa abitudine sia rassegnata, involontaria. E dopo il gesto rassegnato, il fastidio, e lo smarrimento: sono io? L'ironico esprime idee contrarie alle sue per rendere in maniera più efficace il suo vero pensiero?
3. Quando si pone una domanda è bene non aspettarsi una risposta.
Sono seduto in macchina, parcheggiato da un po'. La macchina parcheggiata davanti a me sta per uscire: ho avuto tempo di assistere al colloquio fra tre persone che hanno appena finito di parlare, si sono salutate e due di loro sono ora salite in macchina. Una terza macchina (uguale alla mia) mi si accosta. Il suo labiale inequivocabile dice "esci?", il mio, equivocabile, dice "esce quello davanti a me" e il mio indice prova ad aiutare indicando la macchina che ho di fronte. La macchina che mi si era accostata alza la mano come per ringraziare e se ne va. Sono stato scortese?
L
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